La parola Nonturismo in questi mesi ha suscitato riflessioni, perplessità ed entusiasmi, sia all’interno della comunità ussitana che in tutta Italia. È per questo abbiamo deciso di porre alcune domande – arrivate al porto di montagna – direttamente ad uno dei suoi ideatori, Federico Bomba. Federico è il presidente di Sineglossa, realtà curatrice della collana Nonturismo (ed. Ediciclo), insieme a Riverrun, di cui la guida di Ussita è la seconda uscita. Buona lettura!
1) Cosa significa Nonturismo, com’è nato e a quale tipo di turismo fa riferimento? Quale turismo non è più sostenibile?
Visitare i luoghi passando da un punto all’altro di una lista di cose da vedere mantenendo un rapporto passivo, da spettatore, non soddisfaceva il modo in cui desideravo essere nei luoghi che visitavo. Nonturismo quindi è una risposta, formulata insieme a Lorenzo Mori, presidente di Riverrun, all’esigenza di essere in modo diverso nei luoghi, di provare ad appartenervi, di immaginare nuovi modi di incontro con un ecosistema da esplorare. Ma è anche una risposta a un bisogno speculare, che viene da certi luoghi e dalle loro comunità: quello di raccontarsi dall’interno, senza ammantarsi di patinature da cartolina per attirare visitatori, ma facendo emergere la propria identità senza infingimenti o ipocrisie, andando a scavare per recuperare ciò che rende un luogo quel luogo. È dai cosiddetti “territori marginali”, dove l’aggettivo “ai margini” definisce una sensazione di stallo dentro un percorso di trasformazione profonda, spesso inconsapevole, che emerge il bisogno di rimettere a fuoco un’identità messa in crisi da traumi storici, economici, ambientali, sociali.
Da questa doppia presa di coscienza risulta evidente che era la categoria stessa di “turismo” a non essere più abbastanza, a non essere più sostenibile, perché incapace di innescare processi migliorativi nei luoghi, nelle comunità e nei viaggiatori. Serviva un concetto nuovo per un’esperienza nuova a doppio binario, che anziché esibire o anche solo, semplicemente, descrivere i luoghi riservando ai turisti un posto dall’altra parte del vetro, abbattesse i limiti di un rapporto costruito sulla base della fruizione fine a se stessa e creasse i presupposti per un processo di incontro spontaneo, naturale e autentico (motivo per cui le guide nonturistiche non spiattellano tutto, ma forniscono le coordinate identitarie di un luogo, lasciando poi libero il nonturista di dare forma al proprio, personale incontro con il territorio).
2) Parlare di Nonturismo in un territorio turistico è una contraddizione?
No. Il Nonturismo non nega ciò che un territorio è stato o ciò che è, le vocazioni che ha avuto e le fasi storiche che ha vissuto. È un altro concetto. Dopo aver messo da parte ciò che un luogo appare agli occhi dei turisti, accoglie tutto ciò che quel luogo è stato ed è e sollecita la comunità a interrogare questo patrimonio di identità, alla ricerca del filo rosso che unisce passato, presente e futuro. Il posto del Nonturismo è ovunque ci sia una comunità che abbia bisogno e voglia di osservarsi e rinnovarsi.
3) Come è stato (e come è ancora) il vostro incontro e il vostro rapporto con il territorio di Ussita?
Ci siamo avvicinati al territorio a seguito dei tragici eventi sismici 2016/2017 che tutti conosciamo. Ci siamo chiesti cosa potevamo fare per Ussita e per le comunità coinvolte da quelle ferite, come aiutarle a sentirsi in grado di reimmaginare il proprio futuro in una situazione così drammatica. Nell’incontrare Ussita e la sua comunità per noi è stato fondamentale il ponte costruito da C.A.S.A., il nostro primo interlocutore con il luogo, una realtà fatta di persone che si sono unite nella solidarietà e nella bellezza scegliendo coraggiosamente di tornare a vivere a Ussita o di restarci anche dopo il sisma. Attraverso C.A.S.A. siamo riusciti a entrare dentro il territorio e la comunità nel modo in cui avevamo immaginato di farlo: da nonturisti. Abbiamo respirato gioie, difficoltà, complessità, umanità e l’aria montanara dei Sibillini più autentici. Ora, alla luce dei risultati, anche inaspettati, di questo progetto durato quasi due anni, di cui la guida è solo la punta dell’iceberg, il desiderio è quello di continuare a lavorare per queste comunità e territori, perché Ussita non è più solo un territorio per noi.
4) In molti ce l’hanno chiesto: cosa significa la pecora-lupo in copertina?
La pecora-lupo, o lupo-pecora, della copertina è un dettaglio ripreso da un artwork di Giacomo Giovannetti realizzato per la guida Ussita, Monti Sibillini. L’artista si è ispirato all’annedoto del “luparu”, riportato anche nel volume, una figura del passato ussitano che guadagnava tra i sette e gli otto baiocchi per ogni lupo ammazzato, e ai pascoli di pecore sui fianchi delle montagne intorno a Ussita. Il lupo e la pecora sono figure ricorrenti nei ricordi degli ussitani che, unite in un unico animale immaginario, ben rappresentano lo spirito di comunità: un insieme di forza e dolcezza, tenacia e tenerezza.
5) In che modo la guida si integra con la piattaforma Loquis e i contributi in essa contenuti?
Sul canale Ussita, Monti Sibillini dell’app Loquis sono contenute sette tracce audio create dall’autrice radiofonica Sara Sartori. Ciascuna è la voce di un ussitano che restituisce il suo pezzetto di Ussita, il suo modo di viverci, il perché di rimanerci e i rumori che accompagnano la sua quotidianità. I sette contributi possono essere ascoltati in qualsiasi momento, a seconda della sensibilità del nonturista: prima di partire o prima ancora di leggere la guida per “accordarsi” alle frequenze di Ussita, o nelle pause tra un itinerario e l’altro mentre si cammina per le frazioni o sul Monte Bove. Di fatto le sette tracce si riferiscono ai primi sette percorsi della guida, quelli contenuti nell’itinerario numero 1, Vivere qui, ma li si può ascoltare come e quando meglio si crede.
6) Quale può essere il contributo del Nonturismo ai territori e, in particolare, come può dare un contributo utile alle terre colpite dal sisma?
Il primo contributo che dà il Nonturismo a un territorio è mettere o rimettere in circolazione il patrimonio identitario di quel territorio e della sua comunità, un contributo che può essere ancor più significativo proprio in quei luoghi cosiddetti marginali dove la comunità ha subito duri colpi. Non è detto, né tantomeno voluto, che questo patrimonio sia fatto solo di esperienze positive, da cartolina: il lavoro introspettivo cui è chiamata la comunità coinvolta in un percorso nonturistico serve proprio a guardarsi con trasparenza e a mettere in discussione eventi, scelte e orientamenti. Ciò con lo sguardo rivolto al futuro, per capire quale strada, tra tutte quelle possibili, è la più adatta a incamminarsi verso il tempo a venire. Come cerca di fare Laddo, il protagonista della storia scritta da Wu Ming 2 che chiude la guida Ussita, Monti Sibillini. Dall’altra parte c’è un mettere in moto un altro tipo di viaggiatore che viene mosso dal desiderio di scoprire o riscoprire luoghi apparentemente non interessanti perché fuori dalle mete di moda. C’è un cambio di rotta e atteggiamento del senso del visitare, entrando in contatto con il senso più autentico del luogo, con gli occhi del luogo, ma con ampi margini di interpretazione da parte del nonturista a cui si dà la possibilità attraverso la guida di immaginare storie e visioni di quel luogo. Così l’arte, perché il progetto, possiamo dirlo, è una grande operazione artistica da nuovo rinascimento, diventa strumento per far entrare in contatto un interno e un esterno di un luogo, per farli dialogare e trovare una nuova armonia, tutta da esplorare.
7) Se questa guida è un percorso, cosa succede adesso?
Il sottotitolo della guida Ussita, Monti Sibillini è “deviazioni inedite raccontate dagli abitanti”, un sottotitolo che ci ricorda innanzitutto quanto il percorso possa prendere tante direzioni quante sono le storie messe in condivisione dalle persone che partecipano al percorso. La prossima tappa è tutta da inventare e ci porterà dove la comunità desidera andare. Di certo, nel frattempo tocca ai nonturisti: la guida è stata pubblicata per invitarli ad andare a Ussita a disegnare le proprie deviazioni tra strade, sentieri, case, negozietti, boschi e cime, lasciandosi guidare dagli incontri con gli ussitani. Quindi, dopo il momento più introspettivo della redazione di comunità, quel che può aprirsi ora è un lungo tempo di confronto con l’esterno portato dallo sguardo dei nonturisti, da cui potrà emergere anche il prossimo capitolo del viaggio. In particolare abbiamo già in cantiere su Frontignano un grande progetto di land art che partirà da gennaio 2021 sul tema dell’abitare temporaneo in un territorio che muta.
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