IT.A.CÁ, 28 aprile 2019, Ussita
Quando trattiamo di usi civici parliamo di diritti appartenenti ad una determinata comunità che li esercita in determinati periodi dell’anno su terreni di soggetti privati e pubblici. I domini collettivi sono beni immobili di proprietà delle comunità locali, anche se il termine proprietà non è condiviso da alcuni studiosi.
La legge 1766/1927 è stata concepita come liquidatoria dei diritti di uso civico tant’è che all’art. 1 recita “Per l’accertamento e la liquidazione generale degli usi civici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune o di una frazione di Comune, e per la sistemazione delle terre provenienti dalla liquidazione suddetta e delle altre possedute da Comuni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate, soggette all’esercizio di usi civici, si osserveranno le disposizioni della presente legge.”
La legge 168/2017 invece stabilisce che i domini collettivi sono “ordinamento giuridico primario delle comunità originarie”, soggetti alla Costituzione e attuati sulla base dell’art. 2 che recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Innanzitutto è una legge che, all’art. 1 comma 1, assoggetta la dicitura di tutte le associazioni agrarie, comunque esse siano denominate, con l’appellativo di domini collettivi. Già la legge 1766/1927 aveva a sua volta uniformato sotto la dicitura usi civici tutti i diritti di godimento collettivo. Tale norma è conseguenza di alcune decisioni della Corte Costituzionale che richiamano spesso gli articoli della Carta e più precisamente:
Art. 9
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e Tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione”
Art. 42, 2° comma
“La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.”
Art. 43
“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ed enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
In aggiunta, le motivazioni della Corte Costituzionale in particolare le sentenze n. 46/1995 e n. 210/ 2014 recitano: “l’art. 9 della Costituzione sancisce quale principio fondamentale quello della tutela del paesaggio, inteso come morfologia del territorio, cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. In sostanza è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore Costituzionale.” È una norma che tiene conto della sentenza del Consiglio di Stato del 26/03/2013 n. 1698, la quale sancisce il principio che per i beni di uso civico oggetto di autorizzazione al cambio di destinazione d’uso, si deve tener conto della conservazione delle risorse ambientali in favore della collettività non solo locale, ma nazionale.
La nuova legge (168/2017) all’art. 2 comma 1 stabilisce:
“la Repubblica tutela e valorizza i beni di collettivo godimento in quanto:
a) elementi fondamentali per la vita e lo sviluppo delle collettività locali;
b) strumenti primari per assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale;
c) componenti stabili del sistema ambientale;
d) basi territoriali di istituzioni storiche di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale;
e) strutture eco-paesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale;
f) fonte di risorse rinnovabili da valorizzare ed utilizzare a beneficio delle collettività locali degli aventi diritto.
Il comma 2 afferma: “La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini di uso e di gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato Italiano. Le comunioni familiari vigenti nei territori montani continuano a godere e ad amministrare loro beni in conformità dei rispettivi statuti e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore.
L’art. 2 espone le competenze dello Stato. Ad un primo esame, la legge può sembrare “camaleontica” in quanto a ben vedere più che le competenze dello Stato sancisce che i beni di godimento collettivo sono elementi essenziali dei vincoli paesaggistico–ambientali. Non solo, al comma 6 dell’art.3 il vincolo di cui sopra è deciso che permanga anche in caso di liquidazione degli usi civici. Già la legge 411 del 7 agosto 1985, meglio conosciuta come legge Galasso, dall’allora Ministro per l’Ambiente, aveva assoggettato al vincolo paesaggistico ed ambientale i terreni gravati dai diritti di uso civico. L’art. 3 con i commi 1 e 2 stabilisce quali siano i beni collettivi, mentre i commi 3, 4 e 5 indicano le condizioni su come possono essere utilizzati i beni di godimento collettivo.
Il comma 7 interessa le cosiddette competenze delle Regioni. Si osserva quindi che entro 12 mesi dall’entrata in vigore della 168, le Regioni sono chiamate ad emanare normativa sulle competenze a loro attribuite dall’art. 3 comma 1 lettera b, numeri 1, 2 , 3 e 4 della legge 31 gennaio 1994 n. 97. La richiamata norma declama: “ferma restando la autonomia statutaria delle organizzazioni, che determinano con proprie disposizioni i criteri oggettivi di appartenenza e sono rette da antiche laudi e consuetudini, le Regioni, sentite le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative i profili relativi ai seguenti punti:
1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro– silvo–pastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro–silvo–pastorale compreso l’eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni;
2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell’organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate;
3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei beni immobili, nonché degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate;
4) le modalità e i limiti del coordinamento tra Organizzazioni, Comuni e Comunità Montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale”.
La norma in oggetto svuota e comprime il potere delle Regioni in merito all’applicazione dei dettami della vigente legge in quanto dà ai Domini Collettivi la capacità autonormativa. In particolare il comma 7 dell’art.3 stabilisce le competenze delle Regioni e credo che, quanto previsto dall’art. 3 della legge 97/1994 cui la legge 168 fa riferimento, possa non realizzarsi in quanto effettuare la ricognizione dei beni gravati da diritti di uso civico è complesso e dispendioso, soprattutto nei tempi di realizzazione.
L’Enciclica pubblicata nel 2015 “Laudato si’” di Papa Francesco recita” …poiché tutte le creature sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ogni territorio ha una responsabilità nella cura di questa famiglia, per cui dovrebbe fare un accurato inventario delle specie che ospita, in vista di sviluppare programmi e strategie di protezione, curando con particolare attenzione le specie in via di estinzione.”
Sandro Ciani (coordinatore delle Associazioni Agrarie dell’Umbria)
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