RADICI IN MOVIMENTO // perdita, recupero …
RADICI IN MOVIMENTO // perdita, recupero …

RADICI IN MOVIMENTO // perdita, recupero …

Testo a cura della rete IT.A.CÀ Parco Nazionale Monti Sibillini e con il contributo dello storico Augusto Ciuffetti
Ispirato al tema nazionale di IT.A.CÀ 2024: 
Radici in Movimento
Foto di copertina: Luca Maria Patella, Terra animata, 1967 | Tela fotografica, cm 110 x 140.
Collezione privata, Foligno. Foto Studio Viaindustriae

RADICI IN MOVIMENTO tra i MONTI SIBILLINI
perdita, recupero e complessità del mondo contemporaneo

L’Italia di oggi è un paese che ha perso le sue radici. Dagli anni Cinquanta del Novecento in poi, il profondo processo di trasformazione della nostra società e della nostra economia ha comportato anche un progressivo allontanamento da quelli che ancora oggi possiamo definire come i caratteri originari della nostra civiltà, intesa come un insieme di culture, saperi, tradizioni e mentalità.
Quello che doveva configurarsi come un percorso di modernizzazione, pur raggiungendo in modo innegabile questo obiettivo, ha prodotto, invece, una sostanziale omologazione delle differenze e delle particolarità, riferite sia a persone che luoghi. Si tratta di un processo sempre più persuasivo, il quale ha determinato nuove disparità, disuguaglianze, ingiustizie. Non siamo stati capaci di salvaguardare un patrimonio di rapporti, relazioni, conoscenze, usi, abitudini in grado di orientare il futuro, mantenendo un saldo legame con le nostre radici. È stato più facile e per certi aspetti anche conveniente dimenticare chi fossimo per abbracciare in modo acritico un’idea di benessere e di progresso che oggi ci appare non più convincente.
L’illusione di un “mondo migliore”, nel quale collocare un’Italia diversa rispetto al passato, sta lasciando il posto al disincanto. Ora, non si tratta di tornare indietro, in preda ad una nostalgia che rischia di configurarsi come una nuova e più lacerante illusione. Non si può avere nostalgia per un tempo trascorso per sempre, segnato dal dolore, dalla sofferenza, da povertà e arretratezza. Bisogna guardare avanti, ma individuando un sentiero inedito, dove poter correggere gli errori commessi negli ultimi decenni a cavallo del nuovo millennio.
Per fare questa operazione dobbiamo recuperare le radici della nostra società, della nostra cultura; dobbiamo ritrovare la memoria di un’Italia intesa come un articolato quadro di comunità di vario genere e di diverse dimensioni, sempre attive e dinamiche.

Uno degli effetti più profondi del processo di modernizzazione è stato il fenomeno migratorio (sia all’interno dell’Italia, sia verso l’estero), che ha prodotto spopolamenti sempre più estesi, perdita di memoria e sradicamenti spesso definitivi. A perdere ogni contatto con le radici, però, non sono stati solamente coloro che sono partiti, coloro che dal mondo contadino e rurale del Meridione sono andati verso le città del “triangolo industriale” o in direzione delle metropoli europee ed americane, ma anche quelli che sono rimasti in delle realtà ormai irriconoscibili, snaturate, anch’esse sottoposte ad un falso percorso di inclusione, il quale, invece, ha determinato delle reali forme di emarginazione sempre più incisive.
Le radici si sono messe in cammino, ma quasi sempre si sono perse lungo questi stessi cammini, oppure sono rimaste sepolte sotto le trasformazioni, piegate alle nuove esigenze. Allora, è arrivato il momento di attivare un’originale ricerca di quanto è rimasto, per fare in modo che i nostri percorsi verso il futuro possano tornare ad avere un orientamento, un senso. L’Appennino è il luogo dove le tracce di queste radici sono rimaste; le comunità dell’Appennino, con i loro valori ancora presenti, anche se messi in discussione, ma anche con le loro inevitabili contraddizioni, sono i luoghi dove tornare per ritrovarsi, dove riportare alla luce le radici, anche quelle più profonde e dimenticate, dove ogni generazione possa finalmente cessare di sentirsi in preda allo sradicamento, in balìa di eventi e situazioni che sembrano troppo distanti ed enormi per essere compresi e gestiti.

Ecco che l’Appennino si può riproporre come un laboratorio, un luogo dove capire chi siamo, passando attraverso il difficile e controverso recupero delle nostre radici. Queste ultime non possono essere il riferimento esclusivo delle ennesime forme di un turismo (del ritorno o delle radici, appunto), ancora troppo legate alle logiche di un facile consumismo in costante ricerca di formule in grado di perpetuarle nel tempo. Le radici sono un faro, un riferimento per ritrovarci nel nostro essere più profondo e ricostruire, così, delle nuove comunità aperte e accoglienti, animate da valori saldamente recuperati; comunità pronte ad affrontare, con piena consapevolezza, la complessità del mondo contemporaneo.

IT.A.CÀ Parco Nazionale Monti Sibillini
10/13 ottobre 2024 – Cessapalombo, Fiastra, Ussita, Arquata del Tronto
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