Dal 25 al 28 aprile 2019 si terrà la prima edizione di IT.A.CÁ Parco Nazionale Monti Sibillini 2019. L’anno scorso, come qualcuno forse ricorderà, abbiamo organizzato una piccola tappa esplorativa (“tappa zero”), durante la quale si è tenuta una riunione di confronto e conoscenza tra gli operatori del territorio e il direttivo del festival, per iniziare a costruire una rete territoriale sensibile e interessata al tema del turismo responsabile. Quest’anno il festival, per la prima volta nei suoi undici anni di vita, inaugurerà proprio tra i Monti Sibillini: saremo quindi la prima tappa del viaggio che da qui partirà per condurre una riflessione sul turismo sostenibile in 20 territori italiani. Il tema di quest’anno è la Restanza, un concetto che ha sviluppato l’antropologo Vito Teti nel suo libro, pubblicato nel 2014, Pietre di pane. Un’antropologia del restare, di cui riportiamo qui di seguito una parte.
Per adesioni, informazioni, disponibilità sul festival tra i Sibillini: casa@portodimontagna.it
Restare non è un fatto di pigrizia, di debolezza: dev’essere considerato un fatto di coraggio. Una volta c’era il sacrificio dell’emigrante e adesso c’è il sacrificio di chi resta. Una novità rispetto al passato, perché una volta si partiva per necessità ma c’era anche una tendenza a fuggire da un ambiente considerato ostile, chiuso, senza opportunità. Oggi i giovani sentono che possano esserci opportunità nuove, altri modelli e stili di vita, e che questi luoghi possono essere vivibili. E’ finito il mito dell’altrove come paradiso.
L’etica della restanza è vista anche come una scommessa, una disponibilità a mettersi in gioco e ad accogliere chi viene da fuori. Noi adesso viviamo in maniera rovesciata la situazione dei nostri padri e dei nostri nonni. Un tempo partivamo noi, oggi siamo noi che dobbiamo accogliere.
Etica della restanza si misura con l’arrivo degli altri, con la messa in custodia del proprio luogo di appartenenza, con la necessità di avere riguardo, di avere una nuova attenzione, una particolare sensibilità, per i nostri luoghi. A volte facciamo l’elogio dei luoghi e poi li deturpiamo: quindi quest’etica del restare comporta anche una coerenza tra la scelta di rimanere e quella di dare, concretamente, un senso nuovo ai luoghi, preservandoli e restituendoli a una nuova vita…”
[2014, Pietre di pane. Un’antropologia del restare]
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