“A morire là io non ci vado”
Ieri sera la famiglia che ci ha ospitato a Bolognola si è unita a noi per un amaro Sibilla, lo producono anche loro con le bacche di spruillo (biancospino?). Prima del terremoto avevano 40 pecore e vari asini, oggi si son tenuti solo 2 pecore e l’asinella Carlotta che continuano a difendere dai pericolosi tafani qui rinominati schiacciasini. Scopro che qui vicino c’è l’area faunistica dei camosci, mi dicono che si vedono la mattina e forse con questo caldo se ne stanno al fresco in qualche boschetto. Lui ha 72 anni, nato e cresciuto sui Sibillini, un po’ a Visso e un po’ a Bolognola, dove alcuni suoi parenti
sono morti sotto la valanga perché qui le valanghe ci son sempre state, mica solo quest’anno, anche la chiesa fu travolta e ricostruita intorno agli anni Quaranta e quest’anno i faggi di 30/40 metri li vedevi cader giù come foglie.
Solo che quest’anno c’è stato anche il terremoto e casa loro è crollata a fine agosto, con la scossa di Amatrice. Quella mattina il loro gatto li ha seguiti per metri e metri, perfino dietro alla jeep, non voleva restare solo, mentre la loro asinella ha spezzato la corda un’ora prima della scossa ed è scappata via, tornando il giorno dopo. La figlia adolescente, cresciuta con la mamma ucraina, non ha capito subito che era il terremoto, qui c’è sempre il vento che fa molto rumore soprattutto di notte, lei dormiva rannicchiata e le pietre che piovevano dal soffitto non l’hanno colpita ma “solo” circondata. Non c’era corrente ed è scesa scalza, tra le grida di tutti. L’altra figlia non è stata così fortunata, lotterà per tutta la vita con le conseguenze. Poi sono arrivate le scosse di fine ottobre, mentre avevano deciso di appoggiarsi nella casa di Visso, oggi inagibile. Dopo la prima son partiti di corsa verso la loro Bolognola, poi è arrivata la seconda mentre erano in macchina: le pietre cadevano dalle montagne, il forte acquazzone oscurava la visuale, sbandamenti continui, il vento forte e quel tuono costante, erano completamente al buio a chiedersi:
Facciamo la galleria o il ponte?
I loro occhi sembrano aver visto un mostro, una natura violenta e incontrollabile. Ma è con lei che vogliono restare. In inverno c’erano 4 metri di neve intorno alla tenda della Protezione Civile dove dormivano in sei, architettando modi per scaldarsi, avanti e indietro dall’Ospedale per l’altra figlia. A metà gennaio li hanno evacuati per il rischio valanghe, mandando lui in un camping sul mare: un viaggio notturno in pulman, sei terremotati, una piccola valigia a testa, tre cambi di autobus e un chilometro al buio a piedi sotto la pioggia perché il bus non andava oltre il sottopasso per accedere al camping. Non ha protestato. Il giorno dopo è scappato ed è tornato nella tenda, da solo, tra la bufera, con il rischio valanghe. Dicono che la nuova zona con circa venti moduli abitativi è proprio sotto un canalone, area pericolosissima quando tornerà l’inverno.
Non ci ascoltano e ci mandano a fare la morte del topo
Non so nulla di più, ascolto attenta e prudente ma comprendo, prendo appunti e mi commuovo. Continuo a pensare alla morte del topo anche quando ripartiamo la mattina dopo da Pintura, dopo aver salutato Davide, che raggiungerà i suoi colleghi della CRI ad Amalfi. Il nostro cammino in quota verso Castel Manardo è accompagnato da gheppi che scendono fieri e decisi in picchiata verso le prede. Immagino un nido di aquile nel fosso sopra la Valle del Fargno, luogo inaccessibile all’uomo, mentre penso che dovremmo difendere questa natura ad ogni costo. La vista è impagabile, il Lago di San Ruffino ci saluta prima di arrivare a Casale Grascette, il cammino è ancora caldo nel bivacco, qualcuno se n’è appena andato. La mia immaginazione va a Mario Rigoni Stern. Arriviamo al Rifugio del Fargno per un pasto caldo con le erbe di quassù, salutiamo subito Andrea e conosciamo la storia di Davide, da Roma a Pievetorina per fare la stagione qui. Anche lui nella sua casa non può più stare e si è trasferito al lago di Fiastra in una nuova dimora che non gli dispiace.
Qui il vento fischia ad ogni angolo, è un ospite dispettoso ma ci si abitua. Mi piace. Le prime vette dei Sibillini sopra i 2000mt si impongono al nostro sguardo, con tutta la loro bellezza. Scruto il Bove Nord dalla finestra e mi conquista. Lo guardo di continuo.
C’è una pecora nera che vaga da sola su Pizzo Tre Vescovi!
Dicono sia di Domenico. E via, tutti a cercarla.
Venerdì 11 agosto 2017
4 / da Bolognola a Forcella del Fargno
Percorso: Bolognola, Pintura, skylift, Piani di Berro, Castel Manardo, sentiero E6 (nella sella tra Pizzo Acuto e Pizzo Tre Vescovi), (241/274), parte di E6, Rifugio del Fargno
13 km percorsi
(con un passaggio agli skylift sopra Pintura)
Da 1077m a 1811m slm
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